“I Colli Albani, l’area vulcanica alle porte di Roma, inizia a dare segni di un futuro risveglio”
E a diversi chilometri di profondità si sta accumulando nuovo magma. A stabilirlo, uno studio multidisciplinare condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Geologiche – Sapienza Università di Roma, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), e Laboratorio di Geocronologia dell’Università di Madison. Lo studio, illustrato da un abstract disponibile sul sito dell’Ingv, si riferisce all’area vulcanica che, alle porte della Capitale, è “rimasta in assoluto stato di quiete da 36.000 anni a questa parte”.
L’analisi ha permesso di ricostruire la storia delle eruzioni avvenute da 600.000 anni fa a oggi nel distretto vulcanico, assieme a quella delle deformazioni della crosta terrestre che hanno accompagnato nel tempo la sua evoluzione. “Il risultato sorprendente”, afferma Fabrizio Marra, ricercatore dell’INGV, “è che non solo il vulcano è tutt’altro che estinto, ma ha appena iniziato un nuovo ciclo di alimentazione delle camere magmatiche che potrebbe portarlo nel prossimo millennio, da uno stato dormiente a quello di risveglio. Da qui la necessità di monitorare sin da oggi quest’area vulcanica“.
Gli elementi emersi dallo studio sono molteplici, legati a diversi indicatori geofisici, tutti convergenti nell’indicare chel’area vulcanica è attiva e che a diversi chilometri di profondità si sta accumulando nuovo magma. “In quanto tempo questo magma potrebbe trovare una via di risalita e dar luogo a un’eruzione è difficile da stabilire con precisione, quello che è certo è che i tempi fisici per cui ciò possa avvenire sono alla scala delle diverse migliaia di anni.Tutt’altra storia rispetto al Vesuvio, dove le eruzioni sono avvenute in tempi storici e i tempi di ritorno dell’attività vulcanica sono dell’ordine delle decine e delle centinaia di anni: ai Colli Albani tutto procede con tempi delle migliaia e delle decine di migliaia di anni. A cominciare dai tempi di ritorno delle eruzioni”, prosegue Marra.
Lungo tutto il periodo di attività, indipendentemente dalla grandezza dei singoli aventi, le eruzioni ai Colli Albani sono avvenute con cicli molto regolari di circa 40.000 anni, separati da periodi di pressoché assoluta quiescenza. “A partire da 600mila anni fa”, spiega il ricercatore dell’INGV, “ci sono stati 11 di questi cicli eruttivi. L’ultimo, avvenuto al Cratere di Albano, è iniziato proprio 41.000 anni fa ed è terminato intorno a 36.000 anni. Questo vuol dire che il tempo trascorso dall’ultima eruzione è dello stesso ordine dei tempi di ritorno: quindi il vulcano deve considerarsi attivo e pronto per un nuovo futuro risveglio“. Al momento attuale, si legge nell’abstract, gli indicatori geofisici indicano l’esistenza di un campo di stress estensionale ai Colli Albani e nell’area romana, compatibile con un sollevamento in atto e favorevole alla eventuale risalita di magma.
Al tempo stesso “nessun elemento derivante dalle osservazioni geochimiche e geofisiche in atto lascia ipotizzare che un’eruzione possa avvenire né in tempi brevi né medi. Quindi, se una ricarica dei serbatoi magmatici è in atto, questa durerà senz’altro migliaia di anni prima che possa dar luogo a un’eruzione”, conclude Marra.