“Ogni nuova scoperta del cacciatore di esopianeti Kepler ci porta un passo più vicino alla risposta all’irrisolto e fatidico quesito: siamo soli nell’Universo?”. Lo dice John Grunsfeld, amministratore associato presso lo Science Mission Directorate del quartier generale della Nasa a Washington.
Il telescopio spaziale, che dal 2009 al 2013 ha setacciato più di centocinquantamila sistemi stellari, ha infatti individuato oltre quattromila potenziali pianeti extrasolari e in questi giorni gli scienziati, dopo mesi di analisi sui dati raccolti, hanno confermato che 554 di questi sono effettivamente mondi alieni.
Aggiunti agli altri già verificati, i pianeti al di fuori del Sistema Solare scoperti da Kepler hanno raggiunto esattamente quota mille.
Tra loro, otto hanno dimensioni paragonabili a quelle della Terra e orbitano astri simili al Sole nella fascia di abitabilità, cioè la zona né troppo vicina né troppo distante dalla stella madre dove ci sono le condizioni per poter ospitare la vita, prima tra tutte la possibilità di mantenere l’acqua allo stato liquido.
In particolare, due dei nuovi membri appena aggiunti al catalogo dipotenziali “gemelli della Terra” sono pianeti rocciosi con un diametro paragonabile a quello del nostro pianeta: Kepler-442b è infatti solo di un terzo più grande e Kepler-438b solo di un decimo.
Entrambi si trovano in direzione della costellazione della Lira (il campo di osservazione dove ha scrutato il telescopio Kepler) a mille e cento anni luce di distanza il primo e quattrocento settantacinque il secondo e girano attorno a due stelle un po’ più piccole e fredde del Sole, il che rende la fascia di abitabilità molto più vicina alla stella madre rispetto a quella del Sistema Solare. Infatti i due corpi celesti percorrono orbite molto strette, della durata rispettivamente di 112 e 36 giorni.
“Grazie alle nuove scoperte di Kepler possiamo calcolare quale sial’effettiva percentuale di pianeti rocciosi distribuiti nella galassia” spiega Doug Caldwell, SETI Institute Kepler scientist presso l’Ames Research Center della Nasa a Moffett Field, in California. Per determinare se un pianeta extrasolare sia solido o gassoso, gli scienziati devono conoscerne la larghezza e la massa: quando non è possibile evincere direttamente la misura di quest’ultima, allora ne deducono la loro composizione dalle dimensioni.
“Analizzando i dati raccolti in quattro anni di osservazione saremo in grado di estrapolare in meno di dodici mesi risultati che ci diranno se esistono altri gemelli del nostro pianeta attorno a stelle identiche al Sole: siamo più vicini che mai a questo storico traguardo” aggiunge Fergal Mullally, sempre del Seti.
Ora che Kepler ha smesso di operare, per determinare la composizione atmosferica delle eventuali Terre-bis bisognerà impiegare telescopi molto potenti, in grado di analizzare la luce che filtra attraverso l’atmosfera degli esopianeti quando transitano di fronte alla propria stella. Solo allora si potrà capire se questi nuovi candidati hanno effettivamente le caratteristiche idonee per la vita. (Panorama)