Era imprigionato nel terreno ghiacciato
Sono ‘tornati in vita’ in laboratorio muschi sepolti da 800 anni sotto i ghiacci dell’Antartide. A farli rivivere è stato il gruppo di ricerca italiano dell’università dell’Insubria, al lavoro presso la base antartica italiana ‘Mario Zucchelli’ a Baia Terra Nova.
Condotta nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), la ricerca si deve a Mauro Guglielmin, docente di Geografia Fisica e Geomorfologia, e alla botanica Nicoletta Cannone, che hanno lavorato in collaborazione con il British Antarctic Survey.
Raccolto nell’area nella base antartica britannica Rothera, il muschio si trovava in una zona appena liberata dai ghiacci. I campioni prelevati, che si trovavano sotto i ghiacci da centinaia di anni, sono stati portati in laboratorio e ‘risvegliati’ all’interno di speciali camere di crescita: in questo modo i ricercatori hanno scoperto i meccanismi permettono a queste piante di rivivere anche dopo lunghissimi periodi. «I muschi che sono sopravvissuti dopo essere stati sepolti 600-800 anni sotto il ghiacciaio e che abbiamo ‘coltivato’ nelle camere di crescita si trovano nella Penisola Antartica”, osserva Nicoletta Cannone .
Nella base Zucchelli lo stesso gruppo di ricerca sta conducendo ricerche sul rapporto fra la vegetazione e il terreno perennemente ghiacciato, chiamato permafrost. L’obiettivo, spiega la ricercatrice, è ”simulare gli impatti del cambiamento climatico secondo alcuni protocolli di ricerca di panel internazionali”.
I dati indicano che ”in Antartide Continentale lo spessore dello strato attivo, ovvero il livello superficiale al di sopra del permafrost, è aumentato nonostante la temperatura dell’aria sia rimasta quasi stabile”, rileva Guglielmin. Questo, prosegue, ”dipende da un aumento della radiazione solare, probabilmente dovuto ad una variazione della nuvolosità. Questo fenomeno, osservato negli ultimi 20 anni, caratterizza anche altre aree, come le Dry Valleys vicino alla base americana, e può indurre impatti importanti sull’ambiente nel suo complesso”. Esperimenti come questi, osservanoi ricercatori, permettono di studiare più a fondo l’impatto dell’uomo e dei cambiamenti climatici sull’ecosistema. (Ansa)