Cominciata perforazione nei fondali del Golfo del Messico
È cominciata la perforazione del cratere Chicxulub, nel Golfo del Messico, con l’obiettivo di scoprire i segreti dell’asteroide che 66 milioni di anni fa ha cancellato i dinosauri dalla Terra. Si lavorerà notte e giorno per due mesi per scavare un pozzo profondo 1500 metri, a circa 30 chilometri dalla costa messicana, e prelevare campioni di roccia dal cratere.
I dati raccolti permetteranno per la prima volta in modo sistematico di ricostruire la dinamica e gli effetti di quell’impatto catastrofico. Inoltre i ricercatori vogliono verificare se un sito di morte possa essere diventato anche un luogo di rinascita e sono alla ricerca sia di fossili di microrganismi che potrebbero aver colonizzato le fessure delle rocce dopo l’impatto, sia di tracce dei microrganismi che potrebbero abitarvi adesso. “Sulla Terra primordiale, ci sono stati molti impatti anche più grandi di questo.
Pensiamo che la vita potrebbe aver avuto origine in crateri simili”, rileva Joanna Morgan, dell’Imperial College di Londra che partecipa al progetto. Il cratere di Chicxulub è l’unica struttura da impatto conosciuta che è collegata direttamente a una estinzione di massa ed è l’unica della Terra che ha un inequivocabile anello di detriti, una struttura simile a quella dei crateri prodotti dall’impatto degli asteroidi sulla Luna e su Marte.
Per esempio i nuovi dati permetteranno di stabilire se l’asteroide, del diametro di circa 14 chilometri, abbia perforato la superficie fino a 20-30 chilometri di profondità, facendo fondere le rocce e scagliandole in aria fino all’altezza di 10 chilometri. Questo getto sarebbe poi ricaduto a terra formando l’anello di detriti. Il progetto, finanziato con 10 milioni di dollari dal Consorzio europeo per la perforazione oceanica (Ecord), è coordinato dal consorzio internazionale Chicxulub Scientific Drilling Project (Csdp), di cui fanno parte Università Autonoma di Città del Messico, Imperial College di Londra e Università del Texas.
Per la trivellazione è stata realizzata una piattaforma temporanea, utilizzando una imbarcazione chiamata Myrtle, ancorata a tre enormi pilastri sistemati sul fondo dell’oceano.